L’ingresso della Madre di Dio nel tempio nella tradizione bizantina.

Oggi acclamiamo la Vergine, figlia di Dio e Madre di Dio

Le feste della Madre di Dio nel calendario delle Chiese di tradizione bizantina, sono sempre molto abbondanti nei titoli dati a Maria, degli appellativi spesso presi dall’Antico Testamento, e che hanno una lettura certamente mariologica legata alla festa che si celebra, ma che sono dei titoli soprattutto cristologici in quanto collegano la Madre di Dio al mistero della salvezza nell’incarnazione del Verbo di Dio. La festa del 21 novembre, l’Ingresso della Madre di Dio nel tempio, è una di queste feste in cui i titoli con cui Maria è invocata sono particolarmente abbondanti e diversi. È una festa che ha un’origine gerosolimitana, legata a la dedicazione di una chiesa nella Città Santa di Gerusalemme. Molti degli aspetti della festa, presenti nei testi liturgici, ci vengono dal Protovangelo di Giacomo, un apocrifo che ha un influsso notevole su diverse feste liturgiche in Oriente ed in Occidente.

Il titolo Madre di Dio, presente in questa festa anche come uno dei titoli più arcaici dati a Maria, in uno dei tropari viene bellamente abbinato a un altro titolo: “Oggi noi, moltitudini di fedeli qui convenuti, celebriamo spiritualmente una festa solenne, e piamente accla­miamo la Vergine, figlia di Dio e Madre di Dio, che viene condotta al tempio del Signore… o Davide, che cos’è questa festa? Non è per colei che un tempo hai celebrata nel libro dei salmi come divina figlia di Dio e vergine?”. Nella festa odierna, il titolo più usato è quello di tempio, perché la liturgia, celebrando l’ingresso della Madre di Dio nel tempio la contempla come tempio che accoglie Dio, colei che diventa tempio di Cristo: “Vergini recanti lampade, facendo lietamente strada alla sempre Vergine, realmente pro­fe­tizzano in spirito ciò che avverrà: la Madre di Dio, che è tempio di Dio, con gloria verginale è introdotta nel tempio, ancora bam­bina… Oggi è condotto al tempio del Signore il tempio che ac­coglie Dio, la Madre di Dio… Oggi il tempio vivente della santa gloria del Cristo Dio nostro, la pura, la sola benedetta tra le donne, è presen­tata al tempio della Legge per dimorare nel santo dei santi… È posto all’interno del tempio di Dio il tempio che accoglie Dio… Tu, divenuta piú elevata dei cieli, o tutta pura, tem­pio e reggia, sei riposta nel tempio di Dio, per essergli prepa­ra­ta come divina abitazione per il suo avvento…”.

Altri tropari la invocano come santuario di Dio, tabernacolo di Cristo, dimora, casa: “Santuario glorioso e sacra offerta, la Vergine puris­sima, riposta oggi nel tempio di Dio… venerando la sua dimora santificata, l’arca vivente, che ha accolto il Ver­bo che nul­la può contenere… il gran­de sacerdote Zaccaria lieto l’ac­coglie come tabernacolo di Dio… Entra nei penetrali, apprendi i mi­ste­ri e preparati a divenire amabile e splendido taberna­co­lo di Gesù… Santuario glorioso e sacra offerta, la Vergine puris­sima, riposta oggi nel tempio di Dio, qui è custodita, come egli solo sa, per divenire dimora del Re dell’u­niverso, unico Dio nostro…”. Ben nove volte la liturgia della festa adopera per Maria il titolo di sposa di Dio o colei che è a Dio sposata, un titolo molto usato nella tradizione bizantina, specialmente nell’inno Akathistos: “Nutrita fedelmente con pane celeste, o Vergine, nel tem­pio del Signore, tu hai generato al mondo il Verbo, pane di vita: come suo tempio eletto e tutto imma­colato, fosti mi­sti­camente fidanzata allo Spirito, spo­sata a Dio Padre… colei che da madre sterile è prodigio­samente nata, la sposa di Dio, Madre del Creatore…”. L’esegesi cristologica e mariologica del testo del profeta Ezechiele 43-44 introduce il titolo di porta, porta invalicabile, porta del Signore, termine che si trova abbondante nella liturgia: “Ecco infatti: la porta che guarda a oriente, consacrata come dimora di Dio, è condotta oggi al tempio… Zaccaria a lei esclama: Porta del Signore, io ti apro le porte del tem­pio…”. Sempre nella scia di una lettura allegorica dei testi veterotestamentari, la liturgia della festa dà a Maria altri titoli come: lampada, arca, reggia, tesoro, urna, talamo, ricettacolo: “Tra lampade luminose affidata al tempio divino sin dall’in­fanzia, in tutta purezza, come vero tempio divino, sei ap­par­sa ricettacolo della luce divina e inaccessibile”.

Infine la liturgia è sempre il luogo della professione della fede. Uno dei tropari del mattutino della festa odierna, di cui diamo il testo intero, diventa una vera e propria sintesi della fede cristiana: il Dio creatore che ha pietà dell’uomo, opera delle sue mani, e per rialzarlo e ricrearlo si abbassa Lui stesso e si fa uomo. Nella sua incarnazione è Maria che diventa mediatrice del mistero divino in quanto il Verbo assume da lei la nostra natura umana: “Il Creatore di tutte le cose, l’Artefice e Sovrano, pie­gan­dosi con ineffabile compassione, solo per il suo amore per gli uomini, ha avuto pietà di colui che con le sue mani aveva formato e che vedeva caduto, e si è compiaciuto di rialzarlo, riplasmandolo in modo più divino, con il proprio annientamento, perché per natura è buono e miseri­cordioso. Egli prende pertanto Maria, vergine e pura, come mediatrice del mistero, per assumere da lei, secondo il suo disegno, ciò che è nostro: essa è celeste dimora”.

+P. Manuel Nin

Esarca Apostolico

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