Domenica III di Luca – 8 ottobre 2017

Benedetto il nostro Dio, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amin.

Carissimi in questa mattina della domenica, nostro Signore Gesù Cristo ci chiama a celebrare la sua gloriosa risurrezione, a cantare la sua lode, ad ascoltare la sua Parola, e comunicare ai suoi Santi e Divini Misteri che ci vivificano.

La Parola di Dio di questa domenica l’abbiamo ascoltata nel brano della seconda lettera ai Corinzi e nel vangelo di Luca. Il Vangelo che ci ha narrato la risurrezione del figlio unico della vedova di Naim, una delle tre risurrezioni adoperate da Gesù che i vangeli ci rapportano, cioè quella della figlia di Giairo a seguito della preghiera di costui, poi quella di Lazzaro preceduta dalla confessione di fede di Marta e Maria ed infine quella che abbiamo poco fa ascoltato, del figlio della vedova di cui, il Vangelo, tacitamente ne sottolinea il dolore silenzioso. Luca in questo brano è assai sobrio: Gesù con i suoi discepoli si trova con la gente della città che esce a seppellire un morto, figlio unico di una vedova. Alla vista del dolore di essa, Gesù si commuove, la consola; poi tocca la bara ed ordina al ragazzo morto di alzarsi; costui si siede, comincia a parlare e Gesù lo consegna alla madre. Infine la folla glorifica Dio che ha visitato il suo popolo.

Il Vangelo di oggi ci narra l’incontro tra la morte e Colui che è la Vita; l’incontro tra il dolore straziante di una madre -quel dolore che esce dal seno materno-, e Colui che come dice la Sacra Scrittura stessa ha viscere di misericordia. Di questo incontro, dall’incontro con il dolore, con la morte, ne scaturisce la consolazione e la Vita. Guardiamo un attimo però: dove avviene quest’incontro tra il dolore e la compassione, tra la morte e la Vita? Il Vangelo ci ha detto che l’incontro avviene fuori della città, ed anche ha detto che Gesù è accompagnato dai discepoli e dalla folla; ed anche il ragazzo morto è accompagnato dalla madre e dalla folla. La compassione elargita verso la madre, la vita data al figlio morto avvengono attorno alla folla, cioè avvengo nel seno della comunità. È in mezzo a coloro che lo seguono che il Signore adopera il miracolo, affinché esso sia sì dono per colui che lo riceve, ma sia anche dono, grazia, vita per coloro che vi sono attorno: la lode poi, per il profeta, per il Dio che visita il suo popolo ne è la risposta.

Ognuno di noi, siamo tante volte morti a causa del peccato, e siamo portati fuori della città ad indicare che il peccato ci allontana dalla comunione con Dio e con la comunità. Pero precisamente fuori della città siamo trovati, incontrati, dal Signore, siamo toccati da Lui, riceviamo il dono della grazia, della guarigione, del perdono, della vita nuova. Ognuno di noi siamo coinvolti nel Vangelo di oggi perché morti a causa del peccato, o forse nel ruolo della vedova compatendo per la situazione di morte degli altri, forse come uno tra la folla che accompagna Gesù o che accompagna il morto. Sia nell’uno o nell’altro ruolo, sempre il Signore ci viene incontro, sempre lui ci dà la parola di grazia: “non temere!”; è sempre lui che ci tocca, che ci chiama a rialzarci e che ci porta, ci dà alla madre, cioè ci riporta in seno alla comunità, in seno alla Chiesa. Il Signore si fa vicino all’uomo nel suo dolore, nella sua sofferenza, ne è compassionevole, soffre con noi pure con quella sofferenza viscerale che il Vangelo sembra indicare dalla vedova.

Il Signore tocca la morte e ne diventa vincitore. Perciò noi ogni giorno siamo avvicinati, toccati dal Signore. In che modo il Signore ci avvicina, ci tocca, ci fa rialzare? Attraverso il sacramento della sua Parola che consola, che dà vita; attraverso i sacramenti che ci rafforzano, che ci vivificano; attraverso -in mezzo- alla folla, cioè agli altri che ci accompagnano, che ci accolgono come la madre vedova. Portati fuori dalla città, morti, il Signore ci raggiungerà, ci toccherà, ci vivificherà, siamone certi; e per questo dobbiamo chiedergli la grazia di lasciarci toccare da Lui.

Carissimi, pure questa mattina il Signore, alle porte della città, ci viene incontro, si compatisce della nostra sofferenza e ci dà la vita, questa vita che scaturisce unicamente da Lui e ci fa camminare verso di Lui. Perciò, cerchiamo di essere sempre seminatori nella larghezza, nella larghezza dell’amore, dell’accoglien­za dell’altro, del perdono, nella larghezza della gioia. Sapendo che Dio rinversa su ognuno di noi ogni sorta di grazie per compiere generosamente ogni sorta di bene nella nostra vita come uomini, come seminaristi, come cristiani. Dio ama chi dona con gioia. Facciamone parte della nostra vita, facciamone tesoro affinché possiamo accogliere colui che è la fonte della gioia, della vera gioia, che riempie, che vivifica tutti noi. Allora, nella speranza e nella disperazione, nel dolore e forse nella morte chiediamo al Signore che ci rialzi e ci faccia dono della sua vita immortale, in mezzo alla comunità, in mezzo ai fratelli, Lui che risorto regna con il Padre e lo Spirito Santo nei secoli. Amin.

 

 

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