La festa della Trasfigurazione del Signore nella tradizione bizantina – Partecipi della sua gloria

Una delle grandi feste nel calendario liturgico bizantino è la Trasfigurazione del Signore, la penultima nell’anno liturgico prima della Dormizione della Madre di Dio.

I testi eucologici della festa costituiscono una lettura simbolica e teologica della narrazione evangelica della Trasfigurazione di Cristo sul Tabor. Un giorno di pre festa, il 5 agosto, prepara la celebrazione già con dei testi liturgici che in qualche modo introducono alle chiavi di lettura e di celebrazione della Trasfigurazione del Signore: il rapporto stretto tra monte Tabor e monte Calvario; quindi la Trasfigurazione come annuncio della redenzione, della nuova creazione della natura umana da Cristo assunta e redenta: “Volendo, o Cristo, mutare la natura proveniente da Adamo, sali ora sul monte Tabor per manifestare la tua divinità”. Molti dei tropari dell’ufficiatura della festa, iniziando con la frase: “Prima della tua croce…” mettono in collegamento stretto il monte Tabor come luogo della Trasfigurazione del Signore, ed il monte Calvario come luogo della sua vittoria sulla morte. Trasfigurazione e passione avvengono sulla montagna; presenti Mosè ed Elia, con i tre discepoli abbagliati dalla luce divina nel Tabor; presenti la Madre di Dio e Giovanni l’apostolo, con le donne ed i soldati sconvolti dalla sofferenza umana del Signore nel Calvario: “Prima che tu salissi sulla croce, Signore, un monte ha raffigurato il cielo, e una nube lo sovrastava come tenda. Mentre tu ti trasfiguravi e ricevevi la testimonianza del Padre, erano con te Pietro, Giacomo e Giovanni, perché, dovendo essere con te anche nell’ora del tradimen­to, grazie alla contemplazione delle tue meravi­glie non temessero di fronte ai tuoi patimen­ti…”. Lo scandalo e la paura dei discepoli di fronte al tradimento e ai patimenti sofferti da Cristo vengono in qualche modo contrastati dalla gloria della sua Trasfigurazione. Il mistero celebrato in questa festa prefigura inoltre per i discepoli e per tutta la Chiesa la gloria della risurrezione: “Prima della tua croce, o Signore, prendendo con te i discepoli su un alto monte, davanti a loro ti sei trasfigurato, illuminandoli con bagliori di potenza, volendo mostrare loro, sia per amore degli uomini che per la tua signoria, lo splendore della risur­rezio­ne…”.

La presenza dei tre discepoli è un annuncio a loro stessi e a noi tutti della gloria di cui il Signore ci farà degni. Mosè ed Elia, da parte loro, testimoniano l’adempimento delle promesse dell’Antico Testamento. Infine la voce del Padre, in uno dei tropari liturgici quasi completando il testo evangelico, annuncia la croce di Cristo e la sua vittoria sulla morte: “Trasfigurato su di un alto monte, o Salvatore, mentre erano con te i corifei dei discepoli, gloriosa­mente hai rifulso, indicando che quanti risplendono per l’elevatezza delle virtù, anche della divina gloria saranno fatti degni. E Mosè ed Elia, intrattenendosi col Cristo, mostra­vano che egli è Signore dei vivi e dei morti e il Dio che un tempo aveva parla­to medi­ante la Legge e i profe­ti; a lui anche la voce del Padre dalla nube luminosa rendeva testimonianza dicendo: Ascoltatelo: con la croce egli spoglia l’ade e ai morti dona la vita eterna”.

Parallelo tra Tabor e Calvario in diversi tropari, parallelo tra Sinai e Tabor in altri dei testi liturgici. Nel primo dei due monti il Signore parla a Mosè con quella parola che è eterna: “Io sono Colui che È”. Nel Tabor invece il Signore annuncia ai discepoli la divinizzazione, la ricreazione della natura umana da lui assunta per portarla alla sua originale bellezza: “Colui che un tempo, mediante simboli, aveva parlato con Mosè sul monte Sinai, dicendo: Io sono ‘Colui che È, trasfiguratosi oggi sul monte Tabor alla presenza dei discepoli, ha mostrato come in lui la natura umana riacquistasse la bellezza archeti­pa del­l’im­magine. Prendendo a testimoni di una tale grazia Mosè ed Elia, li rendeva partecipi della sua gioia, mentre essi prean­nuncia­vano il suo esodo tramite la croce, e la salvifi­ca risurrezione”.

E proseguendo il tema del tropario precedente, troviamo collegato il monte Tabor ancora al salmo 88,13, testo che verrà usato abbondantemente nell’ufficiatura della festa. La Trasfigurazione rende di nuovo luminosa, bella, la natura umana oscurata in Adamo. Il tropario mette quasi in parallelo per via di contrasto la Trasfigurazione di Cristo con la caduta dei progenitori: “Prevedendo in Spirito la tua venuta tra gli uomini, nella carne, o Figlio Unigenito, già da lungi Davi­de, padre di Dio, convocava la creazione alla festa, esclamando profe­ticamente: Il Tabor e l’Ermon nel tuo nome esulteranno. Salito infatti su questo monte, o Salvatore, insieme ai tuoi discepoli, trasfiguran­doti hai reso di nuovo radiosa la natura un tempo oscu­ratasi in Adamo, facendola passare alla gloria e allo splendore della tua divinità”.

Molti dei testi liturgici della festa fanno una lettura allegorica e parallela di diversi testi della Sacra Scrittura: “Venite, saliamo al monte del Signore (Is 2,3), e alla casa del nostro Dio (Mi 4,2), e contempliamo la gloria della sua trasfigurazione, gloria come di Unigenito dal Padre (Gv 1,14); con la luce accogliamo la luce (Sal 35,10), e spiritualmente sollevàti in alto, in eterno cantiamo la Trinità consustanziale”. La Trasfigurazione del Signore sul Tabor, epifania della sua gloria divina, epifania della gloria dell’umanità redenta e salvata dal Signore.

+P. Manuel Nin

Esarca Apostolico

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